

Non vedevo mia madre da anni, da quando aveva deciso che valeva la pena crescere mio fratello, ma io no.
Sono nato da una relazione extraconiugale, un inconveniente che non ha mai voluto. Quando avevo 10 anni, sposò il mio patrigno, diede alla luce il loro “figlio perfetto” e mi scartò come un errore del passato. Disse a mia nonna che ero un peso e, senza esitazione, la nonna mi prese con sé, per amore e per paura che altrimenti sarei finito nel sistema.
A 11 anni, la nonna insistette perché andassimo a trovarla per una “cena di famiglia”. Forse, in fondo, speravo che fosse cambiata.
Entrando, la vidi che adorava mio fratello, orgogliosa, come se non mi avesse mai abbandonato. Mi lanciò appena un’occhiata.
“Ehi, mamma”, dissi, forzando un sorriso.
Si accigliò. “Oh. Sei qui.”
Il mio petto si strinse, ma tirai fuori un biglietto fatto a mano, ore di lavoro, colorato con cura. “L’ho fatto per te.”
Lo guardò appena prima di porgerlo a mio fratello. “Ecco, tesoro. Qualcosa per te.”
Mi bloccai. “Io… io ho preso quello per te.”
Mi fece segno di andarmene. “Oh, a cosa mi servirebbe? Ho tutto quello che voglio.”
Tutto. Tranne me.
Quella fu l’ultima volta che ci provai. Non le importava mai, e presto se ne andò. Passarono gli anni. Costruii la mia vita mentre la nonna, l’unica vera madre che avevo, cresceva. Finché un giorno, se ne andò.
Avevo 32 anni quando la seppellii.
Giorni dopo, bussarono alla mia porta.
Aprii e rimasi bloccato.
Era mia madre.
…Era mia madre, con lo stesso sguardo altezzoso di un tempo, ma con qualche ruga in più.
“Ciao… tesoro,” disse, come se niente fosse. “So che la nonna se n’è andata. E io… beh… ora ho bisogno di un posto dove stare.”
La fissai, senza dire una parola. Le mani mi tremavano, ma non di paura.
Alle sue spalle, parcheggiata davanti casa, c’era un’auto di lusso. E sul sedile del passeggero, c’era mio fratello — il “figlio perfetto” — con il volto teso e lo sguardo basso.
“Cosa vuoi davvero?” chiesi.
Lei sorrise, ma era un sorriso vuoto. “La nonna mi ha lasciato qualcosa… so che lo sai.”
Fu in quel momento che capii perché era tornata.
E ricordai le ultime parole della nonna, sussurrate sul letto d’ospedale:
“Quando verrà… faglielo vedere. E poi decidi tu.”
Andai in camera, presi una busta sigillata, e gliela misi in mano. Lei la aprì, e il suo volto cambiò colore mentre leggeva quelle poche righe.
Poi mi guardò, furiosa. “Come osi?!”
Io sorrisi, finalmente libero. “Non ho osato io. Ha osato lei.”
Dentro quella busta c’era la vendetta perfetta della nonna…
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